Interiors (1978) Il primo dramma di Woody Allen, sui sentieri di Ingmar Bergman
- Quando annunciai ad Arthur Krim che volevo fare un film drammatico, mi rispose che mi ero guadagnato il diritto di scrivere e dirigere qualunque cosa volessi [...] Non avendo voglia di andare sul sicuro e di fare il buffoncello per il resto dei miei giorni, decisi di cambiare totalmente registro [...] Non volevo realizzare il tipo di dramma come viene intenso nei film americani; non volevo un melodramma, ma una vera e propria tragedia come solo gli europei sanno fare. -
Woody Allen su "Interiors", dalla sua autobiografia "A proposito di niente"
Quando Woody si applicava al dramma in questo modo (qui oltretutto alla sua prima prova dopo le sue commedie), volendo citare i suoi maestri come Bergman, il risultato è un'opera micidiale che in sé riporta tutta la vastità autoriale del suo autore. Malinconico, tragico, corrosivo, sardonico, alienante e (a tratti) funereo, questo film di Allen rappresenta la decadenza di una classe benestante, evidenziando con dovuti passaggi tutte le problematiche dei suoi personaggi. Una madre anaffettiva, superba arredatrice appartente all'alta borghesia imprenditrice, il marito e le sue tre figlie sono le figure chiave su cui la sceneggiatura ruota. Successo, fama e soldi non contano niente davanti alla depressione e al suicidio, in tutto questo le persone meno complicate sono quelle più naturali che vivono la vita nella propria semplicità (e questo Allen lo sottolinea con arguzia)
Un film prettamente d'interni, come presuppone il titolo ironicamente, che nel suo attimo più struggente (e poetico) sfocia la sua potenza drammatica dirompente come un'onda (una persona) in un'oceano movimentato (la vita) che s'infrange su tutto per poi calmarsi. Solida la fotografia di Gordon Willis, interessante il comparto dei costumi elaborato da un giovanissimo Joel Schumacher (qui al suo secondo lavoro con Allen). Grandissimo cast d'attori, dal primo all'ultimo: Diane Keaton, Mary Beth Hurt, Geraldine Page, Richard Jordan, E.G. Marshall, Maureen Stapleton, Sam Waterston e Kristin Griffith. Sinceramente parlando questo lavoro assieme a "Un'altra donna" e "Settembre" sono gli Allen da scoprire e che non cita mai nessuno.
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