Gold (2016) La febbre dell'oro


Il paragone con il film di Scorsese (The Wolfof Wall Street) non è inopportuno, alla fine ci troviamo davanti alla classica storia di ascesa e caduta del mito americano fatto (e ubriaco) e finito. Detto francamente è un biopic come tanti altri per canovaccio narrativo e schemi d'evoluzione della trama. La regia di Stephen Gaghan (Oscar per la sceneggiatura di Traffic) è pulita e molto sobria ben accompagnata da un montaggio ben calibrato da parte di Douglas Crise e con le composizioni di Daniel Pemberton che aggiunge anche qualche traccia proveniente d'artisti vari per amalgamare meglio il tutto.


La fotografia di Robert Elswit è ben sviluppata, in particolare per le parti dedicate alla giungla e agli ambienti privi di civiltà urbana, che assieme ad una elegante scenografia elaborata da Maria Djurkovic rende il tutto ben confezionato per la messa in scena sia che si trovi dentro ad un ufficio che in salotto di casa.
Alla produzione troviamo Paul Haggis, nonostante non si trovino i suoi classici archetipi di situazioni nella pellicola come è solito fare, che finanzia una sceneggiatura mai troppo banale e noiosa da parte del duo Patrick Massett e John Zinman che nonostante il finale (chiamato per quanto mi riguarda) offre un giusto intrattenimento e una storia interessante in quanto accaduta realmente (anche se romanzata per motivi cinematografici). Lo script era finito nella Black List di Hollywood delle migliori sceneggiature non ancora prodotte, lo script è liberamento ispirato alla vera storia dello scandalo minerario Bre-X del 1993, quando si credeva che fosse stato trovato un massiccio deposito d'oro nelle giungle dell'Indonesia. Per ragioni legali, e per aumentare l'appeal del film, i nomi dei personaggi e i dettagli della storia sono stati cambiati. Punto forte che alza il livello di tutto il prodotto è sicuramente l'interpretazione di Matthew McConaughey che offre come sempre con grande professionalità unita ad una prova molto convincente (servendosi anche di un mix di caratterizzazione di un paio dei suoi vecchi ruoli), da citare anche un misterioso Édgar Ramírez che ben completa la figura del protagonista passando poi per caratteristi sempre ben disposti nei loro ruoli partendo da Corey Stoll arrivando fino al fido Bruce Greenwood senza scordarsi poi della comparsata di Craig T. Nelson (tutti se lo ricorderanno per Poltergeist).

(La parte di Rachael Taylor tutta in foto)

Il cast femminile non brilla di certo per questa sceneggiatura ma si ritaglia un paio di ruoli interessanti: una convincente Bryce Dallas Howard che offre una caratterizzazione onesta del suo personaggio e la bellissima Rachael Taylor che è letteralmente sprecata in un ruolo d'amante molto sensuale ma per niente approfondito e fine a se stesso purtroppo.

Non è un capolavoro ma si lascia ben vedere e seguire senza concedersi una chiave d'empatia fin troppo approfondita tra spettatore e protagonista come è giusto che sia in biopic come questo.

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