Fist of Fury (1972) Dalla Cina con furore


Finalmente riesco a parlare anche del caro Bruce Lee, è risaputo delal sua importanza sia a livello iconico che nel mondo del cinema. Grazie a Bruce i film sui combattimenti di arti marziali si sono modernizzati, abbandonando momentaneamente la teatrlità dei Wuxia ed itroducendo una maggior base reale alle coreografie. Il film in questione, il cui titolo originale Jingwumen (精武门), significa "la scuola Jing Wu", riscosse un enorme successo sin dalla sua uscita ad Hong Kong. La figura di Chen Jeh che, moderno eroe cavalleresco, combatte stoicamente contro l'invasore straniero (sia giapponese che occidentale) trovò l'approvazione del pubblico cinese, che nel personaggio ritrovò l'orgoglio nazionale e vide finalmente riconosciute le pene subìte per mano straniera (cosa che poi è stata riproposta come sempre nel cinema cinese da Ip-Man). Il riferimento ad un fatto reale come la morte misteriosa del famoso maestro Huo Yuanjia non ha la forza dell'altro fatto reale: il cartello discriminante che vieta l'accesso "ai cani ed ai cinesi" (che verrà poi citato in The Hateful Eight di Tarantino) in un giardino pubblico. Il film fu scritto da Ni Kuang, il più prolifico ed abile sceneggiatore del filone, anche se nei titoli fu accreditato al solo regista. Alla fine di una scena di lotta, il personaggio di Suzuki, il perfido maestro giapponese, vola attraverso una finestra, colpito da Chen, e finisce nel giardino sottostante. Per girare la scena, il regista Lo Wei lo sostituì con una delle comparse che aveva già utilizzato in un'altra scena, la quale si offrì volontaria per il pericoloso stunt come controfigura. Il nome di quest'ultimo era Chen Yuan Long, ma diverrà noto al mondo come Jackie Chan solo qualche anno dopo. Sul set era presente un'altra futura star del cinema di Hong Kong in veste di stunt-coordinator, Sammo Hung Kam-Bo, tra le altre cose amico fraterno di Chan e suo compagno di corso alla Peking Opera School. Fu sul set di questo film che la tensione tra Bruce Lee ed il regista Lo Wei (che nel film interpreterà il poliziotto buono), dovuta ai metodi troppo sbrigativi del secondo sul set, esplose in una famosa e violenta lite davanti agli stuntmen, con intervento della polizia, come narrato dall'attore Eddy Ko nel documentario Dragonland - L'urlo di Chen terrorizza ancora l'Occidente (regia di Lorenzo De Luca, 2007).

Dalla Cina con furore gettò le basi strutturali per i successivi film di arti marziali dell'intergenere "rival schools". In esso si ritrova il combattimento a mani nude, rilanciato nel cinema di Hong Kong nel 1970 dal film di e con Wang Yu, The Chinese Boxer (che arriverà in Italia dopo Dalla Cina con Furore, col titolo La morte nella mano), e sancito in The Big Boss, in Italia Il furore della Cina colpisce ancora, primo gongfu di Lee, così come si trova un'invadente fisicità corporale del protagonista. L'unico predecessore illustre che anticipò il filone in occidente fu Cinque dita di violenza, uscito poche settimane prima, nei primissimi mesi del 1973. L'innovazione di Bruce Lee fu di dare un forte spessore carismatico ai suoi personaggi. Il suo Chen Jeh non è un semplice protagonista di una storia come tante, ma è l'Eroe, il "buono" a cui tutti devono guardare e capire le sue scelte. Su un piano puramente filosofico ed etico, il suo Chen è la negazione delle virtù di un vero marzialista, che sono tolleranza, compassione, umiltà: infatti Chen entra in azione di impulso, essendo incapace di elaborare il lutto per la morte del suo maestro, subito dopo i titoli di testa, scatenando una escalation di reciproci oltraggi che rischia di sfociare in una guerra. Da notare poi il fatto che nel film viene mostrato per la prima volta sul grande schermo l'uso di un nunchaku, strumento agricolo conosciuto nella Cina medievale col nome di shuāng jié gùn, usato per battere il grano, formato da due bastoni corti uniti da una catena, che Lee aveva già usato in un episodio del serial-tv The Green Hornet, negli anni '60. La coreografia dei combattimenti venne affidata, oltre che a Bruce Lee stesso in tutte le scene che lo coinvolgono, anche ad Han Ying-Chieh, attivissimo maestro d'armi che diresse tutte le scene d'azione in cui Lee non compare e che aveva già curato Il furore della Cina colpisce ancora; Chieh si ritaglia anche un piccolo ruolo come assistente del cuoco della scuola. Il nome del protagonista ricorda molto quello di uno degli allievi reali di Huo Yuanjia, cioè Chen Gongzhe (陳公哲), oltre che praticante, storico delle arti marziali cinesi, fermamente convinto della teoria dell'avvelenamento del proprio maestro.

Non vi è bisogno di appronfondire il valore del film perchè nella sua maestosità ha generato molteplici citazioni partendo da Hokuto no Ken di Tetsuo Hara & Buronson fino ad arrivare alla corte di Quentin Tarantino. La molteplicità e varietà degli scontri offerti, non è mai banale e permette di variare il tema nei quali possiamo notare anche uno scambio durissimo a mani nude tra Lee e Robert "Bretelle e farfalla" Petrov. Lee ha rappresentato un terremoto nella cultura occidentale e nella storia del cinema moderno.

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