Ali (2001) Un pugile contro il mondo, the Mann in the ring


Una mia personale ingenuità pensare che il regista Michael Mann potesse essere artefice di una regia improntata direttamente sull'azione dentro il ring da parte sua, avendo scritto la sceneggiatura assieme a Eric Roth, Stephen J. Rivele e Christopher Wilkinson (sul soggetto Gregory Allen Howard) sceglie d'imposta la narrazione su un lato politico/intimista dannatamente accattivante, in questo non si possono che tessere le lodi visto che ripropone quanto esposto con "Insider". Un progetto questo che è stato in ballo per dieci anni, passando per le mani di registi come Ron Howard, Barry Sonnenfeld e in particolare Spike Lee prima di arrivare a Michael Mann, che abbandonò la regia di "The Aviator" apposta per questa pellicola.



La regia è impeccabile sotto tutti punti di vista, mostra la vita di Muhammad Ali partendo dal primo incontro con Sonny Listion fino ad arrivare al mitico Rumble in the Jungle contro George Foreman, per un totale di quattro incontri che si spalmano a livello emozionale su una vita incredibile (nonostante sia solo un arco narrativo riguardante il personaggio storico). Un pugile che combatte per i suoi diritti, un uomo che combatte contro tutta l'America, in questo Mann è lampante mostrando il conflitto dell'uomo e dei suoi ideali contro l'opinione politica/civile e i relativi avversari sul ring. Indubbiamente l'impostazione cinematografica regala ottimi momenti tipici della settima arte (il jogging per le strade dello Zaire parla da solo) coadiuvati egregiamente da una colonna sonora dinamica e dalla fotografia impeccabile di Emmanuel Lubezki (senza contare l'apporto della colonna sonora di Pieter Bourke & Lisa Gerrard), sotto questo punto di vista Mann dimostra la sua abilità nel genere biopic che non si sofferma su una patina Hollywoodiana ma va ben oltre. Tentando di liberarsi, sovvertire o ignorare completamente i cliché e le formule dei film biografici, Ali riesce alla grande, in questo è un lavoro ben pensato e di grande impatto visivo che tenta di dare uno sguardo insolito alla vita dell'uomo, dell'atleta più famoso del 20° secolo.


Uno dei punti di forza del film è il realismo delle scene di combattimento. Smith ha lavorato insieme al promotore di pugilato Guy Sharpe della SharpeShooter Entertainment e al suo combattente principale Ross Kent, per ottenere la maggior parte dei suoi consigli di boxe per il film. Tutti i pugili nel film sono ex o attuali pugili del campionato mondiale dei pesi massimi. Fu subito deciso che il "combattimento hollywoodiano", ovvero passare il pugno (o il piede) tra la telecamera e il viso per creare l'illusione di un colpo, non sarebbe stato utilizzato a favore della boxe vera e propria. L'unica limitazione posta ai combattenti era per Charles Shufford (interprete di George Foreman) al quale fu permesso di colpire Smith più forte che poteva, purché non mettesse effettivamente fuori combattimento l'attore. Il cast è un discorso a parte: Will Smith si consacra alla corte del regista con una delle sue migliori prove, Jamie Foxx apre le porte alla sua più collaborazione con il regista e poi tantissimi caratteristi che portano il nome di Mario Van Peebles, Jon Voight (irriconoscibile), Giancarlo Esposito, Jeffrey Wright, Ron Silver, Nona Gaye, Ted Levine, Bruce McGill, Mykelti Williamson e Jada Pinkett Smith, in pratica una coralità di talenti che sotto l'attenta visione di Michael Mann prende vita propria senza essere solo un contorno narrativo funzionale. Un sontuosissimo biopic che di sicuro regala molto e fornisce tutte le chiavi narrative per non risultare una tipica esaltazione Hollywoodiana fine a sé stessa.

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