D-Tox (2002) Lo slasher dimenticato di Sylvester Stallone

 

Visto che ci avviciniamo, piano piano, all’uscita del nuovo “Scream” dei Radio Silence mi sembra d’obbligo fare un po’ di ripasso sul genere in sé (andando a ritroso) e quindi non poteva mancare un po’ d’inizio 2000 in questa breve rinfrescata sul genere. Per questo film esistono due grandi premesse, la prima è senza dubbio il caro Sly: la prima metà del nuovo millennio è stata probabilmente la sua peggiore annata a livello cinematografico, messo im disparte da Hollywood e faticando nel trovare progetti degni del suo nome e quando li trovava o erano dei fallimenti al botteghino o delle produzioni travagliate. Si esatto, produzioni travagliate, perché questo film (basato sul libro "Little Joint" di Howard Swindle) è uno di quei lampanti esempi di come i test screening (negativi) possano dilatare l’uscita di un film o anche non farlo proprio uscire, completato nel 1999 “D-Tox” è stato in gestazione mortale per ben due anni vedendo solo la distribuzione nel 2002, per giunta sotto un altro nome “Eye See You” che sarebbe la versione rigirata sotto la presenza di Ron Howard (ormai ci siamo abituati). Tornando a Sly, la sua carriera è stata costantemente lontana dal genere horror e probabilmente questa produzione gli ha tolto qualsiasi dubbio in proposito di nuove prove nel genere. Tuttavia, il film, che è molto più un mystery/giallo/slasher che un thriller pieno di azione, è chiaramente migliore della cattiva fama che si porta appresso. Il regista Jim Gillespie, che purtroppo è stato stroncato con questo progetto, nonostante la sua abilità di mestiere si può dire che sapeva girare pellicole di genere slasher, di fatti arrivava dal successo di “I Know What You Did Last Summer”.
Tuttavia, come detto prima, i test screening del pubblico negli Stati Uniti, a cui è stato permesso di vedere il film subito dopo il completamento, espresse un giudizio così devastante sulla versione presentata che la Universal Pictures, mise subito il film in revisione. Secondo Stallone, che parlò della pellicola anni dopo, il problema cominciò prima dell'inizio delle riprese, quando il produttore originale abbandonò il progetto, proseguendo sotto forma di divergenze creative tra Jim Gillespie e la Universal. Ma anche la nuova versione, che nel frattempo non portava più il titolo originale, sostituito da “Eye See You”, non è riuscita a convincere. Per la Universal, questo fu l'ultimo chiodo che mise il film nel limbo per un po' e alla fine venne distribuito in edizione limitata solo in pochi cinema statunitensi, mentre è arrivato nei cinema europei in una versione un po' più ampia (che è quella che ho visto). Resta quindi il fatto che possiamo solo immaginare come fosse la versione originale del film.
La trama vien da sé: l'agente dell'FBI Jake Malloy è vittima designata di un serial killer psicopatico che gli uccide brutalmente la fidanzata Mary ed un suo amico e collega. Il responsabile viene ritenuto un uomo che viene ritrovato impiccato. Malloy, a seguito dei cruenti episodi, cade in una profonda depressione e viene convinto da un collega a ricoverarsi in un centro di riabilitazione, chiamato D-Tox, che si trova in una zona isolata nel Wyoming, finalizzato alla cura di agenti con vari problemi di nevrosi o di alcolismo, derivanti da traumi generati dall'aver assistito ad eventi drammatici che il mestiere comporta. Nel centro, ben presto, cominciano a succedersi una serie di omicidi, sia tra i ricoverati, sia tra i componenti dello staff con l'ossessivo scopo finale di arrivare a Malloy.
Il primo atto del film è molto dilatato (nel tempo), didascalico (classico buonismo d'eroe alla Stallone) ma anche malsano con l'introduzione del "driller killer" (un po' alla Abel Ferrara) stile John Doe del "Seven" di David Fincher ma fornisce solo la premessa, in stile cinema di genere anni 70 italiano stranamente, alla storia che dal momento dell'arrivo nel nevoso (e isolato) bunker nucleare si tramuta in un thriller godibile e a tratti ansiogeno, che beneficia dell'ambientazione che balla tra "Alien³" e "The Thing" con uno straordinario cast di attori caratteristi. Infatti oltre a Stallone possiamo trovare: Kris Kristofferson, Robert Patrick, Jeffrey Wright, Tom Berenger e Charles S. Dutton. La pellicola comunque gioca le sua carte in modo intelligente, poiché l'elemento centrale della storia è che il serial killer assassino di poliziotti si rivela solo alla fine. Peccato che la maggior parte del cast sia piuttosto sprecata e abbia poco minutaggio per brillare.
Nulla di speciale detto tra noi, ma resta un slasher/thriller solido che ha delle potenzialità che in parte funzionano e in parte no. Primo (e ultimo) slasher di Stallone in carriera, fatto durante un periodo abbastanza sottotono il che già è tutto un dire. Il regista è lo stesso del cult slasher "So cosa hai fatto" del 1997 quindi affine senza dubbio al genere, peccato che il problema risiede più nella produzione. Cast di prima mano con caratteristi niente male ma poco sfruttati e non scordiamoci un Dina Meyer che timbra il biglietto con un biondismo d'annata. Il film come detto non è nulla di nuovo, però il fascino di: "Dieci piccoli indiani", "Alien 3" e "La Cosa" in salsa slasher è molto accattivante. Probabilmente è la pellicola che più assomiglia ai classici gialli di Umberto Lenzi (o Lucio Fulci) a Hollywood, però diluiti dalla violenza e da un certo fascino psichedelico, plagiato (qui) dallo stile americano di fine millennio.

Commenti

  1. Bravissimo, ripasso doveroso. A me è sempre piaciuto anche se è tra i dimenticati di zio Sly, quasi quasi me lo riguardo anche io ;-) Cheers

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    1. Infatti a distanza di anni ne avevo ancora un bel ricordo, solo che questa volta rivedendolo certi difetti mi sono saltati fuori. Chissà, forse è solo l'inizio che manca di mordente. Da vedere comunque, perché le idee buone ci sono eccome.

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