Masters of Horror: Chocolate (2005) Il gusto dell'ossessione di Mick Garris

 


Come ideatore e creatore della serie, doveva prima o poi scendere in campo Mick Garris. Il cineasta è molto noto, tra le tante cose che si possono dire di lui è che lo stesso King lo reputa uno dei suoi accoliti della settima arte più fedele, questo negli anni ha portato il regista ha dirigere molto opere tratti dai libri dello stesso King. Tra le tante critiche che ho sempre letto e riletto spicca senza dubbio quella di essere un mestierante della settima, solo capace di traslare opere come i produttori vorrebbero, in somma un uomo dal compitino facile senza tocchi personali e così via. Contrariamente a questo pensiero, non posso comunque che rimanere affascinato dal suo lavoro, che partendo da un soggetto originale (scritto di proprio pugno) riesce nel mischiare il thriller con il drammatico in modo efficace.
La trama vien da sé: un giovane divorziato Jamie (Henry Thomas) che sviluppa aromi artificiali inizia a testimoniare e sperimentare le immagini, gli odori e i suoni di una donna che non ha mai incontrato a partire dal sapore del cioccolato in bocca. Turbato da queste improvvise esperienze, presto assiste alla donna che uccide il suo ex amante artista pugnalandolo e tagliandogli il petto. Determinato a trovare la sua compagna misteriosa, la sua ricerca porta a Catherine (Lucie Laurier), una bellissima donna canadese che sospetta delle sue azioni.

Distinta prova del fondatore e produttore della serie "Masters of Horror", Mick Garris, che qui per la sua stessa natura creativa si regala un film che è al 100% roba che ricalca le storie di Stephen King. Non stupisce questo accostamento, vista la carriera del cineasta, ma stupisce come il collegamento psicocinetico con l'assassino sia così ben realizzato come l'evolversi nel suo tragico epilogo. Non sempre l'idea che ci si fa di chi si vuol amare rispecchia le nostre aspettative, nemmeno se si è collegati tramite un legame sovrannaturale, oltre questo, viene messo spazio anche per la solitudine esistenziale dei cuori solitari. L'inizio in media res e l'approccio narrativo che ne dipana la trama, tramite il protagonista sotto interrogatorio, migliora la messa in scena. Buono il cast in particolare Matt Frewer, Henry Thomas e quella gran bionda di Lucie Laurier.

Commenti

  1. Carino ma, per quanto mi riguarda, è uno degli episodi che ha lasciato meno il segno.

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    1. Eppure mi ha colpito quel modo di essere King, senza essere King!

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