The Killer (2023) Un assassino (quasi) perfetto


Era da molto tempo che non vedevo un film di David Fincher, ho ancora nella lista il suo “Mank” che mi prometto sempre di guardare e magari questa volta è l'anno giusto, essendo a secco di suddetto cineasta la voglia era tanta appena avevo sentito dell'uscita di questa pellicola. Adattamento di una serie a fumetti pubblicata tra il 1998 e il 2014, scritta da Matz e illustrata da Luc Jacamon, in questo abbiamo più che un rimando al successo dato da prodotti come “Atomic Blonde” o anche “Snowpiercer” in cui il filo conduttore è la capacità, del mezzo cartaceo, di proporre materiale alle menti produttive, in particolare in suolo Hollywoodiano e senza ricadere sempre e solo nello stereotipo Marvel/Disney o DC. Oltretutto Fincher stesso è una bestia rara, nel ristretto nucleo di grandi cineasti emersi nel panorama cinematografico nordamericano degli anni Novanta. Mai attratto dalle grandi mitologie novecentesche come Paul Thomas Anderson, né padrino di un universo condiviso come nel caso di Wes Anderson.


La trama viene da sé: un metodico killer professionista su commissione alloggia in un appartamento in ristrutturazione a Parigi. Si prepara a uccidere, tramite un fucile di precisione, un bersaglio senza nome che entrerà in una camera d’albergo del palazzo di fronte, in un momento non specificato. Al momento di completare l’incarico però sbaglia il colpo e da qui cominceranno i suoi guai. Ci troviamo di fronte ad un classico del thriller, in cui allo spettacolare primo atto ne seguono altri due in cui si percorre tutta la parabola della vendetta per poi culminare in un finale anticlimatico, in cui si è decimato ogni nemico risalendo tutta la scala malavitosa fino al signor nessuno, ricco quanto indifferente alle scelte delle sue azioni e interessato solo agli affari. Rezor & Ross come sempre supportano, a livello musicale i film di Fincher in maniera camaleontica, a cui però viene anche associato un continuo utilizzo della musica dei “The Smiths”, un pallino che il regista non si è mai tolto. I rimandi al genere thriller comunque sono tanti: “Rear Window” di Hitchcock, “The Jackal”, i travestimenti nei film di De Palma, gli inseguimenti dei film di Friedkin e pure lo scontro in “Knockout” di Soderbergh (dove lo stesso Fassbender aveva un ruolo analogo). Ma quello che colpisce di più è il rimando a Melville, vedere per credere e constatare la somiglianza.



Ormai quando si mettono sulla stessa linea creativa di Fincher, il genere thriller e un killer il risultato è ovvio. Meno ovvio è l'approccio che l'ormai navigato regista può adoperare per mettere in mostra le sue idee. In questo caso partendo da un improbabile passo falso di un professionista, davvero meticoloso nell'uccidere, si svolge la trama di questa vendetta che per capitoli e monologhi mette nel dettaglio ogni singolo aspetto della vita e approccio al lavoro di esso. Fassbender offre una prova algida, come è degno che si rispetti, interpretando come un orologio svizzero il personaggio. Altra grande menzione va alla solita Tilda Swinton che regala un bellissimo monologo con la sua killer professionista. Un thriller pulito, elegante, diretto con mano presente in ogni singola azione (che ci mette pure una nota contemporanea con il product placement di Amazon). Ormai Fincher è diventato l'Hitchcock della sua generazione.



Commenti

  1. Post in rampa di Bara, quindi posso leggerti, in effetti resta sul teorico, ma devo dire che ho gradito, quando regista e protagonista sono così sovrapposti apprezzo. Cheers!

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