Asteroid City (2023) Take me down to the Asteroid City, where the sand is yellow and the girls are pretty



Probabilmente etichettare il film in questione come un nulla artistico non rende davvero l'idea di quello che ci si può presentarsi davanti appena entrati in sala. Opinabilmente questo potrebbe essere il lavoro più profondo di Wes Anderson fino ad oggi. Uno smembramento nichilista delle tradizioni e un'esplorazione piena di sentimento delle forme d'arte. Come al solito con il lavoro di Wes, la scenografia è sbalorditiva ed è piena di immagini potenti.

C'è così tanto nella mente del regista in questo suo nuovo film (e alcuni potrebbero dire anche molto di più), nonostante tutta la mania e la follia, riesce comunque a guadagnarsi la credibilità con il suo cast impegnato di personaggi decisamente dettagliati e riflessioni liriche (Non puoi svegliarti se non ti addormenti, probabilmente la frase che meglio riassume il senso del film) sul significato della vita o se ce n'è una. Una miscela cosmicamente perfetta dello stile distinto di Anderson ma con un lavoro sempre più profondo di quello che abbiamo ottenuto da lui negli ultimi tempi. La scenografia(Adam Stockhausen), la cinematografia (Robert D. Yeoman) e la colonna sonora (Alexandre Desplat) sono secondo le aspettative, il che significa che sono fantastiche.



Semplice, carinissimo ma articolato su tre piani narrativi (se teniamo anche conto del narratore onniscente) che non a tutti può andare giù. Tecnicamente è un gioiellino di metacinema metatestuale con impostazione teatrale, che gioca molto sull'estetica rétro dello sci-fi anni 50 con colori vivacissimi e richiami ai quadri dell'America mostrata nei lavori di Norman Rockwell, in queste cose è davvero uno degli ultimi film di Wes più articolati. Pecca forse nella non continuità narrativa solida e nel sentimentalismo romantico (cedendo di gran lunga ad un interessantissimo esistenzialismo cosmico) che non è profondo come in suoi altri lavori, in particolare "Moonrise Kingdom" & "Grand Budapest Hotel". Il cast è fatto da grandi nomi che hanno tutti più o meno le loro particine, ma sinceramente chi spicca di più sono (per me) stati la bellissima Maya Hawke, un fantastico Schwartzman, l'inaspettato uso anticonvenzionale di Margot Robbie e la solita Scarlett nel ruolo dell'attrice dannata. Comunque il film regala uno degli alieni più amabilmente strambi degli ultimi dieci anni di cinema americano, senza parlare del piccolo roadrunner che è una gioia a vedersi.


Commenti

  1. Preso come una parata di personaggi e un susseguirsi di situazioni, è anche un film interessante. Sempre meglio del precedente e verboso The French Dispatch

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    1. Essenzialmente lo è, infatti la parte del film documentaristica descrive quello, poi nello strato superiori Wes ci mette qua e là un po' di esistenzialismo cosmico e mi va benissimo.

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