The Cursed (2021) Niente di nuovo sul fronte licantropia




Nonostante non sia nulla di nuovo per il genere a cui fa riferimento, nel dettaglio il licantropismo, e non aggiunga nessuna variazione al tema si può tranquillamente affermare che il lavoro svolto alla regia/fotografia e alla sceneggiatura da Sean Ellis sia davvero solido e svolga una più che degna rivisitazione al filone dei lupi mannari. Seguendo il tracciato mitologico riguardante la figura della Bestia del Gévaudan, il cineasta elabora una storia in cui violenza e valori familiari s'intrecciano in un'alchimia forte,anche collegandosi alle radici del mito (aggiunta pure la tematica biblica di Giuda e del folklore gitano). Per questo "The Cursed" noto all'uscita del Sundance (e al di fuori degli States) con il titolo "
Eight for Silver" è più che degno di una menzione. 

Il realismo del contesto storico si fa subito sentire dall'incipit in cui viene mostrata la guerra di trincea nella Battaglia della Somme, aspetto che non viene mai meno anche in tutta la fase ottocentesca in cui la pellicola svolge la sua parte narrativa più consistente, a cui poi si aggiunge la parte più horror e soprannaturale. La violenza non manca di certo (come anche sprazzi di surrealismo onirico e body horror), così come i tempi narrativi che nonostante un ritmo forse un po' blando non mina il valore della storia che viene raccontata. Il vero problema è che nel suo essere dettagliato per ogni aspetto perde nella creazione del pathos riguardante la creatura stessa, che alla fine dei conti è limitata nella sua mostruosità dalla CGI un po' troppo invadente. L'estetica però è degna di menzione e vive sui fasti di moderni lavori come "Apostle" e "Sleepy Hollow", dai quali ne riprende l'approccio moderno mischiandolo con reminiscenze della Hammer.




Tra tutto il cast spicca la prova di Kelly Reilly una che tra: teatro, cinema e con la benedizione di Helen Mirren (con la quale condivide non solo le immense doti attoriali) risulta sempre sul pezzo in ogni parte che le viene affidata. Va merito anche a Boyd Holbrook di portare un personaggio credibile e come sempre ottimo nelle vesti del cacciatore anatomopatologo. Non male la colonna sonora ad opera di Robin Foster ben in tema con le atmosfere cupe che la pellicola scaturisce. Di sicuro non è nulla di nuovo sul fronte licantropismo, però attinge in modo giusto dalle atmosfere gotiche di Mario Bava, in particolare nella messa in scena e per questo risulta un più che godibile esponente per il genere.

(Quando fai Siobhán di nome, la bellezza è già intrinseca quanto la bravura di per sé)



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