The Love Witch (2016) She loved men to death, la strega di Anna Biller



È come se Barbarella incontrasse The Witch di Robert Eggers e The Wicker Man di Robin Hardy, con un leggero tocco di The Green Knight di David Lowery. Tralasciando le dovute comparazioni estetiche si può dire che il lavoro fatto da Anna Biller è a tutto tondo, avendo messo mano: nella sceneggiatura, nella regia, nella composizione musicale, nella fotografia, nella scenografia e pure nei costumi.







La regista ha infuso così tanto il suo pensiero cinematografico femminista nella pellicola che non è possibile metterlo da parte, l'analisi e dissacrazione del mito di un cavaliere azzurro nella vita di una donna è plateale quanto anche particolarmente ben indottrinato nell'evolversi della storia. L'approccio stile anni 60 nello svolgimento del film eleva il girato molto più in alto di quanto possa esserlo a livello narrativo, le combinazioni artistiche in esso sono fragorose e sembra di tastarle con mano. Samantha Robinson (una poi presa in casting da Tarantino) fa sua la strega e le regala il ruolo della carriera nel farlo, essendo la sua presenza scenica davvero folgorante e mai pacchiana e anzi molto consona nella sfaccettature del suo personaggio.


Il film racconta di una strega che fa innamorare uomini di lei per poi ucciderli, il classico topos della femme fatale destrutturato, ma questa è solo la base di un film particolare (il festival medioevale per me è l'apice del girato in quanto vera e propria atmosfera da folklore) che rivanga tra femminismo, commedia romantica e horror vintage. Un omaggio affascinante ai vecchi tascabili pulp e ai melodrammi in Technicolor degli anni '60, "The Love Witch" di Anna Biller è un ritorno al passato raccontato con un grado di convinzione perversa e di competenza studiata che farebbe arrossire Quentin Tarantino.





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